Di (mala)informazione, codici celiachia e sovvenzioni sanitarie

backQuattro mesi senza glutine e qui si vive un’altra vita! I miglioramenti sono continui e Gaia ora è proprio come mi immaginavo fosse una bimba di venti mesi. Gioiosa, simpatica, attiva… un po’ capricciosa com’è giusto che sia. Ma fondamentalmente buona e brava. E noi siamo sempre meglio organizzati. Per cui non si rinuncia ad aperitivi o uscite, con qualche accortezza si riesce a far tutto. Anzi a voler esser sinceri siamo più “mondani” ora di prima, quando a ogni passo Gaia frignava ed era insofferente e quindi si preferiva la tranquillità di casa. In tutto questo bel quadro quello che stona è la mala-informazione, con la quale temo che Gaia si dovrà interfacciare a vita. Non parlo di figure professionali (in fondo lei non va ancora all’asilo, mi porrò il problema a tempo debito). Non parlo nemmeno di amici o conoscenti (che si prodigano in mille modi se c’è lei per non farle mancare pizzette o pasticcini idonei). Parlo piuttosto di personale sanitario, di chi dovrebbe in primis dare informazioni alle famiglie di celiaci. Fortunatamente l’AIC fa fronte a ogni esigenza con ogni tipo di supporto, quindi la nostra “fonte di conoscenza” c’è ed è attenta ai massimi livelli. Quando però si toccano temi economici, allora per forza di cose ci si deve rivolgere al servizio sanitario nazionale. E lì aiutati che Dio t’aiuta!

La celiachia in quanto malattia rara (nonostante non sia più propriamente così) dà accesso a tutti i diagnosticati a esenzioni per esami specifici e a un budget mensile in misura variabile a seconda di sesso ed età caricato direttamente sulla tessera sanitaria del celiaco. Ogni mese la rimanenza si azzera e il “conto” si rinnova. I buoni sono spendibili per l’acquisto di alimenti senza glutine. ESCLUSIVAMENTE presso farmacie o negozi gluten-free! Questo è quello che accade oggi. O, almeno, quello che accade nel mio Comune, nelle mie quattro mura… Quello insomma che ho sperimentato sulla mia pelle (e sul mio portafoglio!). Andando con ordine: vado al mio supermercato e in cassa parlo di questo budget, mi rimandano a un altro punto vendita della stessa catena dicendo che lì il budget è spendibile. Chiamo il punto vendita e mi confermano la cosa. Evviva! Vado, faccio una spesa che manco fossi via da casa da due mesi, arrivo in cassa, inserisco – per l’importo detraibile – la tessera sanitaria… e mi chiedono il PIN. Il PIN? Non ce l’ho, quindi pago tutta la fornitura per un esercito che mi son caricata nel carrello. Vado dunque alla ASL per recuperare il PIN e mi dicono che in realtà il servizio di pagamento nei supermercati è ancora in via sperimentale… cioè, ma cosa devi sperimentare? O lo attivi o non lo attivi! E mi dicono pure che al momento sono stati selezionati 3 o 4 cittadini e solo loro (fortunelli) hanno diritto al servizio proprio perché sotto osservazione come tester.

Fatto sta che con il mio bel PIN esco dalla ASL e richiamo il supermercato spiegando quello che mi è stato detto. Dall’altra parte del telefono sento sghignazzare e un “scusi eh, ma fino a ieri qui passavamo tessere sanitarie e a meno che i 3 o 4 fortunati vincitori del test vengano spesso a far la spesa, a noi il servizio funziona per tutti”. Allora ci riprovo. Attendo il mese seguente per avere a disposizione il nuovo budget e torno in supermercato. Ancora spesa per un battaglione, passo tutto alla cassiera, inserisco la tessera sanitaria nel lettore e il PIN…. Dita incrociate… Suspance del lettore che mi invita ad attendere… NON FUNZIONA! Ci risiamo. Esco e chiamo il numero verde di Regione Lombardia. Dopo mille attese arrivo a una risposta che tutto sommato ha anche una logica: il servizio per quanto riguarda la grande distribuzione è attivato in alcune province e pian piano si sta estendendo all’intero territorio regionale. I risiedenti in quelle province stanno (con calma) ricevendo un cosiddetto CODICE CELIACHIA per posta che non corrisponde al PIN e che servirà per i pagamenti in quei circuiti. Evidentemente il mio Comune non è ancora stato raggiunto da questa comunicazione che mi assicurano arriverà a tutti i risiedenti in Lombardia (o nelle province interessate) entro la fine dell’anno. Nel frattempo posso rivolgermi ESCLUSIVAMENTE a farmacie e negozi specializzati.

Vado allora nel solito negozio gluten-free dove mi sono rifornita a luglio, unico mese in cui ho usufruito del budget finora. Ma ormai ho consapevolezza di poter acquistare gli stessi prodotti in un supermercato e non posso fare a meno di fare paragoni. QUANTO MAI!!! Al supermercato con il budget a disposizione (salvo poi non averlo potuto sfruttare) ho riempito 3 borse. Qui in negozio me ne riempiono 1 e sforo di 20 centesimi. Ho comprato 3 confezioni di biscotti, 3 di cracker, 2 di ravioli, 2 di bocconcini impanati con mozzarella e prosciutto. Le confezioni di bocconcini costano 6,20 euro l’una (e in ciascuna ci sono due bocconcini che tra l’altro sono immangiabili). Posso anche pensare sia troppo (sfido chiunque a pensarla diversamente) ma quei prodotti al supermercato non li ho visti. I biscotti però sì. E al supermercato li avrei pagati 1,99 euro a confezione. Qui (gli stessi identici) li pago 5,50 euro. Non so, a me pare proprio che qualcuno si stia approfittando della situazione comportandosi da vero ladro. E che non mi senta dire “già hai una sovvenzione, di che ti lamenti” perché non ho proprio nulla da ridire su questo aiuto che, se anche minimo, è di certo prezioso. Per quanto mi riguarda potrebbero anche decidere di levarlo, se la celiachia davvero non dovesse più rientrare nelle malattie rare. Ma a quel punto si renderebbe davvero necessario un monitoraggio dell’atteggiamento dei rivenditori e soprattutto sarebbe d’obbligo pretendere un allineamento di costo tra alimenti aglutinati e con glutine. Nel frattempo, attendo con ansia il momento in cui potrò sfruttare il budget al supermercato. Poi magari ogni tanto ripasserò davanti al negozio per vedere se è ancora in attività. Perché, per la cronaca, i 20 centesimi in eccedenza al budget glieli ho dovuti dare…

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